allegroconbiro
withlove

#withlove

Li incrocio spesso per strada, quella dove vivo è una delegazione piccola, non ci si conosce tutti, ma le facce sono spesso le stesse.
E loro non passano certo inosservati.
Bellissimi.
Lui alto, magro.
Lei minuta, occhi verdi chiarissimi a dispetto della carnagione scura.
Per anni hanno portato entrambi lunghi dredd che, accompagnati all’abbronzatura costante, donavano loro un’aria esotica.

A completare il quadro ad un certo punto è arrivata una coppia di gemelli, splendidi come loro.

È facile sognare sulle storie altrui.

Mi hanno sempre dato l’idea di un coppia coesa, piena di passioni comuni.
Di quelle cha fanno tanto insieme, ma non tutto.

Per esempio un giorno incontro lei, aveva tagliato i dredd.
Lui no.
Ma mesi dopo, li ha tagliati anche lui.

Mi è sembrato uno sciocco gesto d’amore,
quell’accompagnarsi all’altro senza soffocarlo, quel dire “ehi, ci sono”, lasciando sempre il giusto spazio di manovra.

Li ho sempre immaginati come quelle
Coppie amiche, dove ciascuno si appoggia all’altro senza spingere mai, e senza mai perdere l’equilibrio.

È facile sognare sulle vite altrui, sì.

Ma forse, quello che trasmettiamo all’esterno, ha le sue radici in una verità. Che magari è solo nostra, ma così potente da essere percepita inevitabilmente anche dal resto del mondo, anche da una sconosciuta come me.

Qualche giorno fa me li sono trovati sotto casa, venivano a vedere un appartamento in vendita nel mio palazzo.
Per un attimo ho sperato si trasferissero, così Davide avrebbe avuto due nuovi amichetti con cui giocare.

Non avevo idea di dove vivessero, fino a stamattina.

Sono passata di fronte al loro portone, nel momento in cui lei, carica di borse della spesa, suonava al citofono, e lui rispondeva.

“Ciao amore mio, scendo ad aiutarti?”
“No ce la faccio, grazie”.

Una conversazione disarmante nelle sua normalità.

Ma è quel “Ciao amore mio” che mi ha spezzato il fiato per un attimo.

Tre parole che fino a qualche tempo fa mi erano sconosciute. Che io rivolgevo solo a mio figlio, e che da secoli non mi venivano rivolte.

Ora fanno parte del mio linguaggio quotidiano.

E sentirle pronunciare da quella coppia, su cui ho costruito un mondo immaginario in maniera un po’ puerile, mi ha confortato e commosso.

Perché quello che percepivo, era vero.
Perché quel sognare sulle vite altrui ha trovato conferma, in un insignificante gesto quotidiano.

E sono sempre più convinta che la chiave sia tutta lì: farsi amica la quotidianità senza farsi mangiare. Dare valore ai piccoli gesti, anche a quelli più scontati, anzi forse soprattutto a quelli.

Che saranno banalità disarmanti, anche queste che dico.

Ma quando si è ad un passo dal perdere tutto, è proprio a questa quotidianità che per istinto ci si aggrappa disperatamente.
Quella che non appare.
Quella che conosce solo chi la vive da dentro.
Quella che uno sconosciuto carpisce per caso, un giovedì mattina di aprile, trovando inaspettata, una conferma.

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